Fabrizio,
figlio di Genova,
e delle onde del Tirreno,
poeta rinchiuso nel corpo d’un borghese,
spada lucente immersa nell’oro di Grecia,
vagabondo con le tasche vuote,
ma con le gote piene di gioia e whisky,
Fabrizio,
nella tua voce ho trovato un padre,
un faro che ha illuminato i miei passi,
lontano dall’oscurità del materialismo,
le tue note han cucito le mie cicatrici,
le tue canzoni mi hanno preso per mano,
e mi hanno portato là,
dove nessun’altro poteva portarmi,
oltre il limite dell’umana cupidigia,
fuori dagli ordini, e da ogni buona condotta,
per farmi conoscere le cascate della poesia,
e riempirmi il petto di verità e vino,
In bocca ho una sigaretta che sa di libertà,
non ho piu la faccia del mio primo hashish,
ma ascolto ancora le tue parole
quando cammino sopra l’oblio,
mi fanno sentire meno solo,
anche se Gennaio gela le strade del cuore,
riesci sempre a trovare la via con le tue storie,
Suonatore jones! Un altro bicchiere prego,
voglio sbronzarmi ascoltando gli angeli cadere,
mentre ridiamo del mondo che balla senza sapere i passi,
so che accetterai l’invito,
ti aspetto in Via del Campo,
sulle rive dove Teresa stringeva il ciondolo d’argento,
ed il vento le faceva muovere i capelli lisci,
Fabrizio,
amico fragile,
poeta maledetto,
anarchico pittore di leggende narrate,
Grazie,
grazie con tutto il mio cuore.